Ricordi del mercato e la pittura introspettiva di Giampiero Murgia

12.01.2021

di Francesca Callipari

Scenografica, fastosa, onirica e surreale, l'opera di Giampiero Murgia dal titolo "Ricordi del mercato" si presenta come un'esplosione di colori in un linguaggio carico di pathos.

Un pathos "espressionista" come quello di Guttuso, artista dal quale Murgia trae ispirazione soprattutto per la scelta del soggetto, ispirandosi alla celeberrima Vucciria. Tuttavia, è palese come quest'ultima rappresenti solo un piccolo punto di partenza: l'artista, infatti, trasforma e reinterpreta completamente l'idea del mercato, scegliendo un'insolita ambientazione notturna ed arricchendo la composizione di elementi, simbologie e messaggi che fanno di quest'opera un vero capolavoro. Si tratta di una sintesi perfetta tra ricerca tecnica e concettuale, in grado di determinare un forte coinvolgimento emozionale.

Dal punto di vista prettamente stilistico risulta difficile inquadrare quest'opera all'interno di un determinato stile o movimento artistico: essa é piuttosto un compendio di stili e tecniche che rivelano le conoscenze e l'abilità dell'artista, capace di muoversi liberamente dalla pennellata fluida a quella materica, dai tocchi veloci di tipo impressionista alle pennellate minute e filamentose più vicine al Divisionismo.

Se nella resa delle figure in primo piano e della frutta si denota un realismo pittorico, la pennellata diventa via via più materica con guizzi e macchie di colore nei ricci di mare e nella frutta, sino a giungere ad un atteggiamento quasi cubista nelle figure collocate all'interno del mercato. Quest'ultime si muovono su un pavimento falsamente quadrettato, ove prevale l'elemento geometrico con una prospettiva angolare ricercata dall'autore proprio per conferire maggiore profondità e movimento alla composizione.

Un tendone si apre davanti a noi stagliandosi su un cielo stellato e come un sipario lascia spazio ai veri protagonisti del dipinto. I nostri occhi si soffermano, quindi, sulla figura della nonna che con il volto solcato dai segni della vita si rivolge allo spettatore, offrendogli un frutto di rara bellezza: la melagrana. Più volte rappresentato nella storia dell'arte, questo frutto di antichissima origine si presta ad innumerevoli interpretazioni: simbolo di passione, onestà, abbondanza, felicità, nonché emblema di vita e di morte ma soprattutto di rinascita.

Per nulla casuale deve essere stata, in tal senso, la scelta di Murgia, artista visionario e attento ad ogni dettaglio che nelle sue opere si concentra sempre sui messaggi profondi che intende trasmettere, ricorrendo al proprio vissuto. In questo caso sovviene un ricordo di infanzia con la nonna paterna Caterina che lo guidava alla scoperta dei sapori e dei frutti della propria terra. Sembra, infatti, di riconoscerlo nel giovinetto accanto all'anziana donna che con i suoi occhioni curiosi scruta tutto ciò che lo circonda, interpretando per certi versi lo stesso stupore provato dallo spettatore.

Lo sguardo scende, dunque, verso la frutta, gli ortaggi e il pesce dalle tonalità vivaci e accese, rilucenti come pietre preziose e disposti sul bancone con cura e attenzione agli accostamenti cromatici. Anche qui tutto è stato scelto e inserito all'interno della composizione con grande interesse alla simbologia e allo studio della luce. Ritroviamo cosi l'uva, elemento spesso presente nei quadri di Murgia che rimanda alle radici sarde dell'artista e ai ricordi di infanzia nella vigna del nonno. E' forte nel contempo la valenza iconografica sia sacra che profana di questo frutto, simbolo di salute, benessere e fecondità, che richiama, altresì, il simbolismo del cerchio che ricorre nell'universo... nella vita stessa.

In uno dei primi quadri Murgia definì gli acini d'uva "ampolle di luce come perle di vetro sospese nel tempo, pronte a sprigionare le loro riserve di sole"... e quella luce ci sembra davvero di percerpirla, soprattutto nel grappolo d'uva in mano alla Nonna: una luce che è appena accennata con piccoli tocchi sulla frutta e che cresce pian piano sul bancone del pesce, dove i ricci di mare assumono le sembianze di piccoli oggetti di cristallo.

Osservando bene il dipinto ci accorgiamo che non si tratta più della semplice descrizione di un mercato: Murgia ci presenta il legame tra la vita e il mondo ultraterreno, in una scena a metà tra sogno e apparizione, popolata da anime più che da persone.

Non ritroviamo, infatti, l'aria chiassosa e l'affollamento tipico delle scene di mercato ma un'atmosfera silenziosa e quasi sacrale che congela l'intera composizione nell' attimo in cui la mano della nonna si muove per offrire il prezioso frutto. Tutto si ferma: il tempo, le persone che immobili occupano la parte superiore del dipinto, scandita dal luminoso pavimento e persino la frutta rimane lì, sospesa in un equilibrio instabile... precaria come la vita con il suo ineluttabile destino.

Il messaggio dell'artista si rivela, però, positivo ed è lui stesso ad indicarci la chiave di volta dell'intera opera, creando un movimento attraverso la luce, elemento fondamentale della sua pittorica. Ne deriva un invito a cogliere la bellezza e l'armonia dei microcosmi della natura, alla ricerca della via della luce della trascendenza. Una luce a cui tendono i pesci del bancone, dall'espressione"umanizzata", così come le persone che si dirigono verso l'Oltre.

Per maggiori info si veda il sito dell'artista: Giampiero Murgia Art

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