L’arte della fotografia tra ritratto e fashion: intervista a Umberto Fadda
di Giampiero Murgia
"Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà convergono per captare la realtà fugace: a questo punto l'immagine diventa una grande gioia fisica ed intellettuale"
(Henry Cartier Bresson)
E' molto semplice per tutti scattare una foto; ben altra cosa è creare belle immagini e poi c'è l'Arte della Fotografia. La Fotografia assurge la valenza di opera d'arte quando testimonia la capacità di sapere cogliere l'essenza delle cose e dei soggetti immortalati: è allora che il risultato assume una portata di valore universale in quanto in grado di provocare emozioni che vanno ben oltre il puro estetismo e la sfera personale. E' l'Arte del saper cogliere istanti significativi e tali da rievocare la fragranza dei profumi, gli odori, i suoni, i ricordi delle proprie esperienze sensoriali. E' l'Arte del saper percepire e rappresentare in una immagine l'oltre, la materialità delle cose e dei soggetti. E' questo il contesto in cui s'inquadra l'Arte di Umberto Fadda, fotografo e filmaker che ha avuto modo di distinguersi e di farsi apprezzare nel mondo del fashion, non solo per le sua capacità tecniche ma perché è stato in grado di creare un suo stile riconoscibile.
Abbiamo il piacere di presentarvelo attraverso una breve intervista rilasciata ad I Love Italy News - Arte e Cultura...
- Ciao Umberto, benvenuto ad I Love Italy News - Arte e Cultura! Ci piacerebbe sapere quando è "scattata" in te la passione per la Fotografia e cosa rappresenta per te.
- Un saluto a voi e a tutti i lettori di I Love Italy News. La macchina fotografica tra le mani l'ho sempre avuta, fin da quando ero al liceo. Usavo la vecchia Minolta di mio padre che mi lasciava quando andavo in gita con i miei amici. Era un periodo in cui si guardava nel mirino e si scattava senza grandi pretese: almeno il 20/30% delle foto del vecchio rullino da 24, infatti, venivano letteralmente stracciate dopo la stampa. A quei tempi, però, lo scopo era solo quello di avere una testimonianza, il ricordo di un particolare momento trascorso con gli amici. Per la laurea in giurisprudenza l'attuale mio cognato mi regalò una macchina fotografica digitale di prima generazione. La curiosità e l'eccitazione di vedere subito la foto scattata era grande, soprattutto in ragione del fatto che avevo deciso di lasciare le impostazioni automatiche della macchina in manuale: la luce, le inquadrature, l'uso del flash incorporato per congelare l'immagine, il modo in cui i soggetti venivano ripresi erano oggetto di attenzione prima e di studio poi. E' così che iniziai una ricerca costante: un piccolo e trascinante crescendo "rossiniano" che mi ha portato a cercare quell'equilibrio, sempre in via di costante definizione, tra tutti questi fattori per la creazione di una fotografia che potesse risultare più o meno accettabile. Questo equilibrio, dopo qualche tempo, è diventato la base del progetto fotografico, in quanto la vera foto veniva alla luce dopo che, "scaricata" sul computer, subiva e continuava a subire diversi passaggi in quella "cosa" che ha preso il posto della camera oscura: Photoshop!! E' lì dentro che la creatività, volando, tende a sovrastare, a volte, anche quelle poche regole della fotografia tradizionale. In molte occasioni cerco di creare, purtroppo non sempre riuscendoci, un mondo ideale in cui un soggetto reale, ma allo stesso tempo idealizzato, compie azioni o semplicemente si limita a farsi osservare dagli occhi di chi guarda. Tralasciando particolari concetti filosofici, posso affermare che, nella maggior parte dei casi, si tratti di una sfida tra me e la macchina fotografica che si concretizza nel cercare la rappresentazione di un soggetto piuttosto che offrire la sua semplice e meccanica riproduzione. Per meglio esplicitarti, cerco di suggerire a chi guarda come vorrei che fosse letta l'immagine ripresa, o meglio, come vorrei che lo spettatore vedesse l'interpretazione di ciò che si riflette nella mia mente nel momento in cui sto eseguendo lo scatto.
- Inizialmente hai rivolto la tua attenzione al genere paesaggistico passando poi allo studio del ritratto che ti ha dato la possibilità di lavorare nel settore della moda per diversi brand. Quali sono i fattori che ti hanno fatto prediligere il ritratto nella tua ricerca e quali sono, a tuo avviso, le difficoltà tecniche che un fotografo deve fronteggiare in entrambi i generi per ottener dei buoni risultati?
- L'accostamento alla fotografia paesaggistica, lavorando per oltre dieci anni in un consorzio turistico il cui compito principale era quello della promozione del territorio della Sardegna, è stato del tutto naturale. La tentazione poi di cercare di rendere "vivo" il paesaggio, inserendo delle persone che transitavano per caso, è stata casuale. Successivamente, è stato fortemente voluto l'inserimento di modelli/e, posti in determinate posizioni, per valorizzare ancora di più il paesaggio, coinvolgendo amici e amiche nelle foto. Cominciando a prenderci la mano e rendendomi conto che i ritratti fatti a quei pochi amici che si prestavano mi piacevano, ma soprattutto piacevano a loro stessi, iniziai a provare una bellissima sensazione, fotografando soggetti animati anziché fredde pietre o fantastici paesaggi. I giochi erano ormai fatti. Senza volerlo mi si era aperta la strada alla ritrattistica con tutti i successivi studi relativi all'assorbimento o al riflesso della luce sulla figura umana. Era cominciata la "caccia" agli amici da invitare a casa o al mare per fotografare la loro "faccia", per poi cercare di elaborare al computer i vari schemi di luci catturati nella foto. Il problema, però, in quel periodo era la lunghezza delle sessioni fotografiche di studio perché potevano durare anche un paio d'ore!!! Capirete che chi ama farsi scattare qualche fotografia non essendo modella/o cominci ad annoiarsi dopo ventina di minuti. Insomma, nel giro di poco tempo sono rimasto, ahimè, senza "amiche/modelle": ebbene, senza perdermi d'animo, risolsi il problema organizzando delle vere e proprie sessioni fotografiche nelle strade del centro o lungo il Poetto, la spiaggia di Cagliari, coinvolgendo ignari passanti, trasformati in modelli per qualche istante. Ero diventato un abilissimo ladro di ritratti!!! Devo riconoscere che è stato un periodo fantastico! Ho imparato tantissimo dal punto di vista fotografico e sociale. Con questo furto di immagini riuscivo a cogliere la spontaneità dei comportamenti delle persone, libere dai condizionamenti riguardanti la presenza della macchina fotografica. A volte mi stupivano le espressioni assunte dalle persone quando parlano al telefono mentre camminano, così diverse da quelle che si disegnano sul loro volto quando conversano stando fermi. Nel ritratto cerco sempre di far uscire la personalità, lo stato d'animo, la bellezza interiore che tutti noi abbiamo ma che non siamo in grado di gestire a comando senza adeguati studi ed esercizi. E' proprio nel momento in cui riprendo i soggetti con le loro difese abbassate, distratte dai miei discorsi, che "rubo" le loro espressioni, il loro modo di muoversi o il loro eventuale nervosismo davanti all'obiettivo. Scoprire il lato debole che noi tutti abbiamo è, forse, il motivo che mi ha spinto ad approfondire l'aspetto psicologico oltre a quello fotografico della figura umana. L'accostamento del ritratto alla moda, in verità, è avvenuto naturalmente, per caso, senza grandi forzature, quasi fosse una logica conseguenza, anche se nella foto di moda viene capovolto il concetto che è alla base del ritratto. Mi spiego: i due generi, foto ritratto e foto di moda potrebbero apparire concettualmente uguali ma non è così: benché, oggettivamente, la foto ritragga una modella/o che indossa un abito in una data posizione, il soggetto principale fotografico, nel caso della moda, non è più la modella bensì l'abito che la stessa indossa. So che può sembrare una cosa priva di senso ma nelle foto commerciali ciò che importa è il brand: per me deve risultare sempre in primo piano. Certamente ha un gran peso per la campagna pubblicitaria il nome della modella: quanto più è conosciuta, più è brava e maggiori sono le possibilità che il brand legato alla sua immagine abbia un successo commerciale notevole. La grande difficoltà nelle foto fashion rispetto al ritratto sta nella ricerca dell'armonia dei giusti spazi tra soggetto rappresentato e oggetto pubblicizzato. In ogni caso ricordiamoci che l'ultima parola l'ha sempre il pubblico. Infatti, in qualche caso, ci si potrebbe trovare davanti ad una fotografia per un brand tecnicamente perfetta che per varie ragioni non riesca a trasmettere nel modo giusto il messaggio al pubblico e che questi, di conseguenza, la snobbi o la rifiuti: questa circostanza sarebbe tale da portare al fallimento la campagna pubblicitaria di quel marchio. In ogni caso amo entrambi i generi. Non riuscirei a dire quale dei due preferisco, anche perché li sento molto intrecciati tra loro.
- In una società come quella attuale, caratterizzata dalla presenza diffusa di dispositivi che catturano le immagini, come vedi il futuro della fotografia? Da fotografo professionista, pensi vi sia oggi una maggiore difficoltà rispetto al passato per emozionare, stupire e sorprendere l'osservatore con originalità?
- L'era digitale ha ormai facilitato la tecnica fotografica favorendo l'avvicinamento di un numero impressionante di persone alla fotografia. Se ciò ha determinato, da un lato, la diffusione di questa disciplina artistica, dall'altra, ha pure alimentato un livellamento della qualità. Personalmente ritengo che il connubio creatività - tecnologia possa, invece, concedere ai creators, contrariamente alla posizione dei puristi della fotografia, enormi possibilità di sprigionare la propria fantasia supportata dall'elemento tecnologico, a tal punto da rendere, a volte, uniche le opere e simili ai quadri o trasformandoli proprio in questi ultimi. Mi capita, guardando i dipinti di vari pittori del Rinascimento, di pensare a come sarebbe potuta essere diversa la storia dell'arte se un Raffaello o un Leonardo avessero eseguito i loro fantastici dipinti usando la macchina fotografica anziché il pennello e rielaborando poi il tutto al computer e... lo so, mi si potrebbe accusare di "blasfemia artistica" ma, in pratica, è un po' quello che a mio avviso sta accadendo oggi! Per cercare di suscitare nuove emozioni si ricorre a qualunque mezzo che la tecnologia mette a disposizione, creando così quella che potrebbe essere una "New Fine art", in cui l'elemento emotivo "analogico" viene sostituito sempre più frequentemente da quello "digitale", dando origine ad un nuovo tipo di fotografia.
- Per la creazione dei tuoi lavori parti sempre da un progetto ben definito ricercando gli scenari che hai già immaginato o ti lasci trasportare dalla creatività partendo dalle ambientazioni e/o dalle circostanze?
- Per la creazione dei miei lavori uso purtroppo entrambi i metodi. Dico purtroppo perché mi piacerebbe andare sul set con uno script che mi consenta di sapere cosa dovrò fare esattamente. Certo, la location e l'idea di base rimangono sempre quelle progettate, ma la maggior parte delle volte, iniziando a scattare, guardo attraverso la macchina e, talvolta, mi può colpire un movimento naturale fatto dalla modella... magari in qualche altra occasione mi accorgo che lo schema luci progettato non vada più bene perché mischiando la tonalità della luce, forse, si enfatizzerebbe di più il soggetto. E' allora che fermo tutto e tutti finché non trovo la luce giusta per continuare, allontanandomi dallo script che avevo preparato. Insomma, cerco di progettare uno shooting ma difficilmente ciò che penso prima di arrivare sul set riesce poi, nella maggior parte dei casi, ad essere immortalato nelle foto. Questo purtroppo mi fa impiegare almeno un terzo in più del tempo normale per effettuare uno shooting ma devo dire che, a volte, riguardando le foto con la modella e i miei collaboratori ci facciamo i complimenti per le intuizioni che abbiamo avuto. Se non c'è interazione tra la modella o in genere tra i soggetti fotografati, i vari collaboratori che prendono parte al set ed il fotografo, difficilmente può uscire un buon lavoro. Per me è importante che la modella sia autonoma nei suoi movimenti davanti all'obiettivo. Magari adatto leggermente la sua posa in modo da ottenere una foto in cui la spontaneità e la naturalezza siano gli elementi principali, ma la posizione iniziale deve necessariamente partire dalla modella. Insomma, a volte mi faccio trasportare più dall'intuito che dalla ragione.
- In base a quali caratteristiche scegli le persone da fotografare? Ci sono capacità particolari che un modello/a deve avere al fine di apportare un contributo positivo al progetto fotografico?
- In molte occasioni, almeno nella moda, è il modello che va adattato al vestito ed è per questo motivo che di solito vengono effettuati dei casting per la scelta dei modelli. Va da sé che i modelli scelti devono essere credibili perché la campagna pubblicitaria riesca. Per fare un esempio, si evita di ingaggiare ragazze di 16/17 anni per una campagna sugli abiti da sposa. In diverse occasioni cerco di proporre alternative di modelli che potrebbero essere adatti, a mio avviso, a ricoprire un determinato ruolo ma nella maggior parte delle volte il brand ha già deciso la modella protagonista della campagna pubblicitaria. In molte occasioni sono io stesso che invito la modella a fare dei movimenti particolari, mentre sto scattando, in quanto prediligo quello che amo definire un dinamismo statico, cioè quella posa congelata nell'immagine, la quale dia l'idea del movimento che avviene all'interno dell'inquadratura. L'armonia e la naturalezza nei movimenti è uno dei requisiti che chiedo ad una modella per poter lavorare insieme ad un progetto commerciale o auto prodotto, perché personalmente ritengo che la maggior parte delle volte la fotografia vada oltre la staticità dell'immagine. Il compito del fotografo è quello di raccontare in quell'unico fotogramma una storia o ciò che in quel dato momento stava accadendo: è un elemento tipico del foto giornalismo, il quale deve far capire a chi guarda un fatto realmente accaduto. Nel fashion anche altri fotografi importanti (come Avedon, ad esempio) hanno adottato il metodo del movimento per enfatizzare il messaggio che volevano arrivasse al pubblico. Tra questi "Grandi" vorrei ricordare Giovanni Gastel che, purtroppo, ci lasciato troppo presto: con il suo stile elegante e raffinato, contenuto nelle sue creazioni, ci stupiva continuamente contribuendo a diffondere il fashion italiano nel mondo.
- Nella tua ricerca artistica c'è un genere che non hai ancora approfondito e che ti piacerebbe esplorare? Quali progetti hai mente per il tuo futuro?
- Più che un genere mi piacerebbe continuare ad approfondire lo studio della luce sulla figura umana e le sue "pertinenze", laddove per pertinenze intendo gli oggetti che circondano il soggetto, come ad esempio muri, sedie, oggetti vari che vengono usati nello shooting proiettando le loro ombre sul set. In questo mi è stato di grande aiuto, è sempre lo sarà, la tecnologia che ogni giorno mette sul mercato nuovi elementi a supporto della creatività... come i flash di ultima generazione, ad esempio, che mi consentono di "giocare" anche in velocità con la luce. Ma ciò che vorrei approfondire ulteriormente, sebbene il tempo dedicato non possa essere mai abbastanza, è la consultazione e lo studio dei grandi maestri della pittura dai tempi antichi ai giorni nostri. E' osservando le opere del pittore americano Hopper che mi è venuto recentemente il desiderio di ricreare le varie forme di luce all'interno dello studio... come l'ombra che una finestra proietta sul muro al tramonto con la luce calda tipica di quell'ora. Penso che, giunti ormai ad un punto in cui tutto è stato fatto nella fotografia, diventando sempre più difficile creare qualcosa di nuovo, l'arte classica in genere mi consente di trovare quella giusta ispirazione che mi da la possibilità di riuscire a fare qualche foto più o meno originale, senza però tralasciare l'osservazione delle persone e della vita che si svolge nelle strade, mia fonte primaria d'ispirazione. Di solito non amo parlare del futuro perché preferisco concentrarmi sul presente, su un progetto alla volta, ma vi posso preannunciare che a breve sarò coinvolto in due progetti fotografici: uno nell'ambito del teatro e l'altro in quello sportivo. In entrambi, il fashion sarà ovviamente da protagonista.
- A presto Umberto! Speriamo che presto le condizioni pandemiche siano tali da poter riprogrammare utilmente il Festival delle Arti di I Love Italy a Cagliari, rinviato a dicembre 2021, dove ti potremo vedere all'opera in veste di fotografo ufficiale dell'evento e, magari, come artista partecipante.
- Speriamo veramente che questa pandemia si concluda al più presto in modo da poterci riappropriare, peraltro, di musei, teatri, cinema e poter partecipare ad eventi quali il Festival delle Arti che dovreste organizzare a Cagliari appena le condizioni lo consentiranno. Vi ringrazio per l'opportunità concessami e spero di rivederci quanto prima da queste parti. Un Saluto a Tutti!
Per maggiori informazioni sull'artista visitare il suo sito www.umbertofadda.com