Arte vs Burocrazia: il caso de “L’uomo comune” di Clet a Firenze
di Francesca Callipari
Firenze, la città che più di ogni altra trabocca d'arte in ogni sua forma, nei musei così come nelle piazze, è stata negli ultimi anni al centro di numerose polemiche per un caso davvero singolare che vede scontrarsi tutt'oggi l'Arte con questioni burocratiche.
La situazione riguarda nello specifico l'artista francese Clet Abraham, figlio dello scrittore Jean Pierre Abraham, e in particolare la sua scultura in vetro resina dal titolo l'Uomo comune, ormai sotto inchiesta dal 2005.
L'Uomo comune o meglio "l'omino", come viene "affettuosamente" denominato dai fiorentini, fu installato dall'artista per la prima volta nella notte del 19 gennaio del 2011, proprio mentre in Palazzo Vecchio si esponeva il teschio di diamanti di Damien Hirst. Si trattava, certamente, di un'azione polemica dell'artista che attraverso la figura di questo omino, che con un piede nel vuoto sembra gettarsi nell'Arno, voleva testimoniare il proprio dissenso nei confronti della scelta del Comune di esporre il suddetto teschio di diamanti del valore di 100 milioni di Euro.
L'opera di Clet fu, però, rimossa e trasferita presso la depositeria comunale. Per nulla intimorito da tale azione e convinto nella sua idea di porre l'arte al centro della libera fruizione popolare, l'artista nel giugno 2013 posizionò nel medesimo punto una copia in polistirolo, tentativo, però, anche questo rivelatosi vano e che si concluse con il danneggiamento dell'opera da parte di ignoti, avvenuto nel luglio 2014, che lese gravemente la struttura della scultura, motivandone la rimozione allo scopo di salvaguardare l'incolumità dei passanti.
Allo stesso tempo è stata avviata in procura un'indagine contro l'artista per deturpamento del paesaggio, in quanto i lungarni in città sono tutti sottoposti a vincolo paesaggistico e soprattutto perchè il Codice dei beni culturali vieta le opere eseguite senza autorizzazione. In teoria, dunque, la violazione si estinguerebbe con la rimozione dell'opera, cosa che per l'Uomo comune avviene ormai di frequente, trasformando questa vicenda in una questione infinita.
Secondo quanto riscontrato dalla procura l'opera, oltre a non avere l'autorizzazione, "ostacolerebbe la fruibilità del ponte", motivazione contestata dall'artista stesso che ha provato a far ricorso ritrovandosi a pagare una multa di 191 euro. Clet ci aveva, dunque, riprovato ad aprile 2016 ricollocando, in netta polemica con le installazioni di Jan Fabre in piazza della Signoria, "l'omino" su ponte alle Grazie. L'opera rimase sul ponte fino al 23 giugno, quando fu nuovamente rimossa dai vigili del fuoco.
L'artista, che non perde mai la sua ironia e sempre più determinato nella sua polemica contro l'arte contemporanea e le scelte intraprese dal Comune di Firenze, commentò sarcasticamente la vicenda dicendo:
Con quest'opera volevo far passare un messaggio e ringrazio calorosamente la procura di Firenze per avere spontaneamente partecipato all'esperimento con ben due procedimenti penali. Volevo, infatti,. verificare e dimostrare pubblicamente quanto il solo sogno di un passo libero (rappresentato dall'Uomo comune) potesse risvegliare lo spirito di censura degli appassionati della norma.
Appena un anno fa, la vicenda sembrava aver trovato un punto di arrivo: dall'accusa di aver violato il vincolo paesaggistico per aver collocato la sua opera sul ponte alle Grazie, Clet, che era stato condannato in primo grado ad una pena pecuniaria di diecimila euro, è stato definitivamente assolto "perché il fatto non sussiste".
Poco meno di un mese fa, però, l'opera è stata ricollocata da Clet per la quarta volta sul Ponte alle Grazie, facendo letteralmente impazzire i social in meno di 24 ore con selfie che sono rimbalzati da un social all'altro e svariati commenti di persone che chiedevano una copia anche per le città di Roma o Parigi.
Il gesto è stato motivato così dall'artista:
Vorrei che il mio "Uomo comune" trasmettesse un po' di speranza, di energia e coraggio per superare questo momento di difficoltà. Lui fa un passo nel vuoto, ma ha fiducia e sa di potercela fare. Dovremmo pensarla tutti così.
Inoltre, l'artista ha ribadito che "gran parte del lavoro ruota intorno al conflitto fra libertà individuale e necessità di organizzazione collettiva e quindi alla discussione se giusto e sbagliato siano legati o meno a termini come legale o illegale. L'Uomo Comune è un monumento alla persona qualunque che si barcamena quotidianamente fra queste mille difficoltà, una figura libera che fa un passo verso l'ignoto e chiedere l'autorizzazione per questo sarebbe sminuirne il significato, senza considerare che l'unica ragione per cui forse ad oggi il Comune concederebbe un'autorizzazione deriva dalla fama che il lavoro di Clet ha ormai acquisito negli anni; insomma uno sputo sul valore intrinseco di un'azione e un riconoscimento al successo sopra tutto, esattamente il contrario di ciò che rappresenta l'Uomo Comune."
Una vicenda, dunque, che si configura sempre più come una battaglia tra autorità che impongono, giustamente, il rispetto delle disposizioni vigenti in materia di Beni culturali, ma a discapito della libertà d'espressione di un artista che trova, d'altro canto un grande consenso popolare. Certamente si tratta dal punto di vista legale di un'opera abusiva, ma continuare a rimuoverla e alimentare polemiche e battaglie legali contro lo spirito irriverente e determinato di un'artista come Clet non porterà mai da nessuna parte.
L'Uomo comune tutto sommato non sembra deturpare affatto il paesaggio e se Firenze, soprattutto negli ultimi tempi, ha dimostrato sempre più un'apertura all'arte contemporanea perché non farlo anche verso gli artisti attivi sul territorio, puntando a promuovere soprattutto gli artisti meno conosciuti? Farebbe bene al Comune e anche alla gente perché in fondo l'Arte contemporanea ha bisogno di tornare nelle piazze a stretto contatto con il pubblico.